Desaparecido, i Litfiba entrano in scena

Il primo album de La Trilogia del Potere

Questa volta Vinyl Voyager fa tappa in Toscana, e per l’occasione ci occupiamo di uno degli album più belli del rock italiano: Desaparecido dei Litfiba. Quel viaggio fu un bellissimo soggiorno di qualche anno fa durante il Firenze Rock Days, in una delle varie edizioni di questo festival. Era il 2022 e in lineup c’erano:

Copertina dell'album Desaparecido, 1985, esordio dei Litfiba sulla scena musicale.

Tranne gli ultimi – comunque visti in altri momenti – chi vi scrive fece una 3 giorni davvero emozionante. Dalle giornate per la città e la campagna alle sere di concerti veramente memorabili.

In questo racconto però non parleremo di questi artisti mondiali, bensì dei Litfiba, una delle più importanti – se non la principale – rock band italiana di tutti i tempi, e toscanacci doc. Così come il Brunello di Montalcino, nostro compagno di questo racconto. Contro il logorio della vita moderna… bisogna trattarsi bene e viaggiare! E Firenze è sempre un posto che fa bene all’anima.

Così come i Litfiba, e la Trilogia del Potere sono un ottimo rimedio all’autotune. Un trittico di album composto da Desaparecido (1985), 17 re (1986) e Litfiba 3 (1988), veramente denso di significati, musiche, storie e aneddoti unici. E che meritano di essere trattati come meritano. Noi ci proveremo nel nostro speciale racconto, diviso in tre parti, cominciando dal primo album, Desaparecido.

Come sempre, se volete, trovate la nostra playlist ad hoc, su Spotify!

Qualche bicchiere di Brunello di Montalcino

Prima di addentrarci nel racconto di questo magistrale album, profondissimo nei temi e nei suoni, apriamo una delle bottiglie di Brunello di Montalcino che avevamo comprato di ritorno in camper dal festival. Tre coppie e due camper da tre/quattro. Il camper è un bellissimo modo di fare viaggi corti come questo. Anche lunghi in effetti.

Bottiglia di Brunello di Montalcino

Dicevamo, il Brunello; chi vi scrive ne aveva comprate 24 bottiglie, quattro scatole da sei. Una bontà. Per non far torti a nessuno – perchè abbiamo comunque trovato il tempo di conoscerne una mezza dozzina – non indicheremo il nome della cantina, ma state tranquilli che sulla Chiantigiana, la via che da Firenze a Siena, troverete delle perle per il palato e lo spirito.

Vino ricco e strutturato, che si abbina bene a piatti robusti e saporiti, il Brunello aveva lasciato a chi vi scrive una felicità sensoriale indescrivibile, durante un pranzo in un agriturismo poco fuori Firenze, a base di fegatini e pappardelle al cinghiale, prima di andare al concerto.

I modi migliori per apprezzarlo sono:

Il 1985, il mondo, l’Italia e Desaparecido

Litfiba.

Mentre il vino inizia scaldare il cuore iniziamo questo viaggio nel 1985, con l’album di debutto dei Litfiba, Desaparecido. Prima di tuffarci nella musica però, entriamo un po’ in quel contesto, in cui il bipolarismo ha ormai cristallizzato i propri rispettivi raggi d’azione, nonostante la crescente difficoltà di uno dei due rivali.

Usa-Urss, verso la fine del bipolarismo e della Guerra Fredda

Nata con gloria e fierezza nell’ottobre del 1917, l’Unione Sovietica del 1985 ha le sembianze di un grosso elefante anziano e consapevole del poco tempo rimastogli, e che lentamente si avvia verso il cimitero. Per rallentare questo processo – a posteriori inevitabile – Gorbaciov, appena insediato, si lancia in riforme come la Perestrojka e la Glasnost.

Tentativi in corso d’opera di sistemare una situazione ormai insostenibile per chiunque appartenga al blocco sovietico. Ma è tardi. Le spinte all’anticomunismo dilagano ormai dovunque, anche all’interno dell’Unione Sovietica, nonostante gli ultimi tentativi di riformismo e una comunque sempre presente adesione all’ideologia, mai del tutto scomparsa.

Se l’adozione di queste linee politiche interne non portò a un ritorno alle origini, a Gorbaciov va invece attribuito il merito indiscutibile di aver ripreso i contatti con Washington che portarono, proprio nel 1985 alla Convenzione di Ginevra sul progressivo disarmo nucleare, ratificato nel 1987 a Washington.

Locandina del film Rocky IV.

Mentre l’Urss è in declino, gli Usa stanno benissimo. Le dittature in Argentina, Cile e Colombia, e in tutto il resto del Sud America, hanno allontanato lo spauracchio del comunismo e consolidato, con la forza, il consenso. Dopo gli sciagurati anni 70, tra un Vietnam e un Watergate, tra gli anni 80 segnano la ripresa degli Stati Uniti, anche grazie alla politica estera di Reagan.

La propaganda Usa riprende il terreno perso, attraverso l’industria culturale e il rilancio del sogno americano. Non è un caso, per esempio, che il 1985 sia l’anno di Rocky 4, un evidente elogio alla cultura e alla supremazia occidentale, mostrata generosamente dalla genuinità di un umile pugile contro il mostruoso – ma fragile – gigante russo.

Il 1985 in Europa

Con al centro la questione sempre più insostenibile situazione sociopolitica delle due Germanie, anche l’Europa avverte che i tempi di un cambiamento sono prossimi. Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Jugoslavia, Albania sono i principali contesti dove si avverte un “vento” nuovo, ma non solo. In Spagna soffia già un vento nuovo, con la caduta del Franquismo e la proiezione verso una politica più moderna, democratica e progressista.

A partire dai Trattati di Roma del 1957, l’idea postbellica sempre più diffusa nel Vecchio Continente è di farla finita con le lotte intestine e darsi un’identità continentale, a cominciare dalla sfera economica e commerciale. Una cosa mai vista nei 2000 anni di storia recente: una volontà tanto innovativa, quanto congiunta.

La situazione nei principali stati

Ma è ancora un’Europa dalle tante e diverse velocità e dall’assenza di programmi comuni, se non in ambito economico. Nonostante le aspirazioni di un’Europa unita si diffondano sempre più, le situazioni interne agli stati allora membri sono infatti molto eterogenee e differenti tra loro.

In Francia, dopo oltre vent’anni dall’ultimo governo durante la Quarta Repubblica, la sinistra socialista torna al potere con Francois Mitterrand. Reduce dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla Repubblica di Vichy, Mitterand è già stato al governo, come ministro. Ora come Presidente della Repubblica. È il 1981. E mentre il partito comunista inizia un lento declino, si registra un’altrettanta lenta crescita del Fronte Nationale, di estrema destra, dalle cui radici sono germogliati alcuni dei mostri contemporanei.

Rivoluzione dei Garofani in Portogallo, 25 aprile a Lisbona.
Il 25 aprile 1974 a Lisbona

Come la Spagna, anche il Portogallo è uscito di recente da una dittatura pluridecennale, quella di stampo fascista di António de Oliveira Salazar, iniziata nel 1933 e terminata il 25 aprile del 1974. Estado Novo è stata una delle dittature più longeve della recente storia mondiale, rovesciata dalla Rivoluzione dei Garofani, un golpe militare appoggiato in seguito dalla popolazione civile. Da quel momento, come per i vicini spagnoli, inizia un processo di modernizzazione democratica che investe tutti i settori. A metà degli anni 80, il Portogallo dispone ormai di una nuova Costituzione, di politiche industriali riviste e guarda con ottimismo alla Comunità Europea.

Nel Regno Unito, da sempre storia a sé ma con un occhio sempre rivolto alle questioni del continente, si è insediata nel 1979 la Lady di Ferro, Margaret Thatcher. Fautrice del neoliberismo e di una dura lotta ai sindacati, la Thatcher deve far fronte a situazioni spinose, come le tensioni nell’Irlanda del Nord e il terrorismo dell’Ira, la guerra delle Falkland, gli scioperi (come quello dei minatori), la violenza sociale, gli hooligans.

Menzione a parte merita poi la Germania, il cuore del continente; un cuore lacerato in due parti, (dominate da soggetti esterni all’Europa) che desiderano ricongiungersi e mettersi alle spalle il passato per ricominciare. L’ora di un nuovo inizio arriverà però solo 4 anni, con la storica riunificazione del 9 novembre.

Porzione del Muro di Berlino dal lato della Repubblica Federale di Germania (Berlino Ovest)
Porzione del Muro di Berlino dal lato della Repubblica Federale di Germania (Berlino Ovest)

Il panorama europeo – desideroso nelle intenzioni di darsi un’unità – è tuttavia ben consapevole di essere distante dalla meta, come abbiamo visto. Nel 1985 però, queste ambizioni stanno per subire una spinta decisiva con l’Atto Unico Europeo, firmato il 1° gennaio dell’86 che avvia il processo di una creazione identitaria europea, trasformando la CEE in un’entità più coesa e mirata a costruire una vera e propria unione economica e politica.

L’Italia degli anni 80

Il boom economico, un po’ come altrove, ha esaurito la sua spinta anche nel Bel Paese, lasciando il posto a inflazione, crisi dei salari, scioperi, licenziamenti, disoccupazione, che fanno da contrappeso a una sorta di sogno americano all’italiana che troverà, di lì a qualche anno, la sua naturale residenza ad Arcore.

L’Italia esce così dagli anni 70 ed entra negli 80 accumulando omicidi di Stato e di Mafia, stragi pubbliche e tragedie irrisolte, massoneria, misteri e complotti. Da Aldo Moro a Mattarella, da Impastato a Dalla Chiesa, da Vassallo a Fava, da Buscetta a Contorno, da Casalegno a Biagi, da Calvi a Papa Luciani, dalla Strage di Bologna alla Strage di Ustica, da Emanuela Orlandi a Pizzorno; cadaveri su cadaveri che non trovano nemmeno adesso, a distanza di quasi mezzo secolo, i nomi dei carnefici, o dei mandanti.

La massa di persone è in balia di un’opinione pubblica che non sa più su chi puntare il dito. Voci e smentite si susseguono ma alla fine, il legame pare unire omicidi e attentati sono le Brigate Rosse. Una soluzione esatta in molti casi, un capro espiatorio facile e di comodo utilizzo in altri, di cui si è servito il potere (il fatto è ampiamente documentabile) per acquietare i subbugli sociali e per paure di derive di estrema sinistra.

Una foto della Stazione Centrale di Bologna dopo la Strage del 2 agosto del 1980
Una foto della Stazione Centrale di Bologna dopo la Strage del 2 agosto del 1980

Tra contraddizioni sociali e divertissement

Tutta la penisola è avvolta dalla strategia della tensione, dal terrorismo, dalla falsa informazione e dagli operai incazzati come lupi. Scioperi, licenziamenti, occupazioni, concessioni, e poi di nuovo licenziamenti. Ma per fortuna… per fortuna arriva il Mondiale dell’82, con Rossi, Tardelli, Gentile, Zoff, Collovati, Scirea. Contro la Germania poi. Che roba. Quindi tutto a posto, possiamo continuare come prima, quindi maluccio, ma con una Coppa del Mondo in più.

Il famoso ragioniere, Fantozzi Ugo

La situazione sociale è aggravata anche per il periodo di crisi economica che stava affrontando l’Italia, con una forte inflazione e un aumento della disoccupazione. I governi di Bettino Craxi e Giovanni Spadolini cercano di far fronte a queste difficoltà con alcune riforme economiche, ma le difficoltà fiscali e l’instabilità politica complicano la situazione. La lira è instabile, e l’Italia continua a fare i conti con il debito pubblico crescente, seppur con una politica di apertura al mercato comune europeo.

Insomma, se non una tragedia, quasi. E mentre la popolazione comune e la società sono messe in scena dal poliziottesco e dal tragicomico, a Firenze nasce un gruppo musicale dalle atmosfere cupe, rock, psichedeliche e i cui temi musicali hanno a che fare con il potere, la guerra, le dittature, e con la multiculturalità, le libertà personali e dei popoli.

Stiamo parlando dei Litfiba.

Tra New Wave e Punk: i Litfiba

La nascita e i primi concerti

Oltre la Fiorentina, il Duomo e l’Arno, tra i simboli di Firenze, possiamo dirlo, ci sono loro, i Litfiba. Nati nell’ottobre del 1980, in Via de’ Bardi – l’indirizzo della sala prove – a Firenze, il loro nome è una sorta di acronimo telex che racchiude LIT (L’Italia), FI (Firenze) e BA (Via de’ Bardi).

La formazione originale prevede:

Come spesso accade, i membri dei Litfiba, prima di essere tali, hanno maturato esperienze in altri progetti. Prima di fondare i Litfiba, Ghigo suona infatti con i Cafè Caracas e i Moonrakers, Piero fa parte, Mugnìons, Antonio – il Marchese – coltiva lo stesso progetto con Pelù.

Tra l’estate e l’autunno dell’80 però i vari elementi si riuniscono nell’appunto sala prove di Via de’ Bardi, per la nascita di un gruppo che, alla luce dell’oltre quarantennale carriera, ci sembra troppo poco presente nella memoria collettiva della musica italiana.

I primi mesi vedono i membri lavorare su proposte precedenti, da arrangiare e adattare all’anima del nuovo gruppo. Verso l’inverno di quell’anno si iniziano a vedere le tracce proprie del gruppo, così come l’ingresso di Piero Pelù come voce e frontman. Con l’arrivo di Piero il gruppo è al completo (anche se non ancora con la sua forma definitiva) e fa il suo esordio il 6 dicembre di quell’anno alla Rokkoteca Brighton.

Il loro sound, tipico degli anni Ottanta, rappresenta un’interpretazione originale della new wave, dando vita a una distintiva wave rock mediterranea. La band fonde il fascino etnico delle sonorità mediterranee con l’intensità e le atmosfere cupe della scena dark anglosassone.

I.R.A. Records, l’ascesa dei Litfiba

I primi anni sono di lavoro intenso, registrazioni e di progetti, alcuni paralleli ai Litfiba, non senza difficoltà come la competizione per farsi un nome; nell’82 i Litfiba registrano l’EP Guerra, dall’atmosfera cupa, tenebrosa e a tratti psichedelica, e che gli vale la vittoria dell’Italian Festival Rock di Bologna.

L’anno successivo vede la registrazione di un altro capitolo fondamentale della loro carriera, l’Eneide di Kripton che si pone in continuità con il precedente lavoro. Gli inizi dei Litfiba però non sono proprio semplici, per via della competizione con altre band locali, come i Neon, che rischia di ostacolarne l’ascesa. La svolta però è dietro l’angolo e porta la firma su un nuovo contratto con una nuova ed emergente etichetta discografica.

La New Wave italiana e la sua etichetta: I.R.A. Records

La definitiva accelerazione che li porterà sul palcoscenico nazionale è la nascita dell’etichetta discografica IRA e la successiva firma dei Litfiba. Spesso indicato come acronimo di Immortal Record Alliance oppure Immortal Rock Alliance, l’IRA è una casa discografica indipendente, punto d’incontro di diverse realtà new wave, rock, punk, come i Diaframma, gli Avion Travel, Bisca, i Moda.

Logo dell'etichetta discografica I.R.A.

I generi citati sono i suoni del momento, con esponenti come i Cure, i Clash, Joy Division, Echo and the Bunnymen, i Talkin Heads, Bauhaus, Tuxedomoon, Siouxie & The Banshees, Kraftwerk che si esibiscono in tutta Europa. I suoni elettronici, l’uso dei sintetizzatori, di effetti vocali, di batterie elettroniche, uniti a una presenza scenica glam, a volte astratta, assente, tenebrosa, altre volte selvaggia, diretta, psicopatica e maniaca, rappresentano il prodotto del momento.

I Litfiba, l’IRA, e soprattutto il loro incontro si collocano in questo preciso momento storico, producendo subito materiale destinato a rimanere nella musica italiana. Dopo aver collaborato alla colonna sonora dello spettacolo Eneide del gruppo teatrale di ricerca Krypton, il connubio realizza il primo vero lavoro: Desaparecido.

I Litfiba di Desaparecido

Ed eccoci qui, al protagonista di questo racconto. Intanto, siccome scende giù che è un piacere, un altro bicchierino di Brunello non guasta mai. Ora, iniziamo a raccontare questo album partendo dal fatto che l’album è un pezzo di un racconto più ampio e che con 17 Re e Litfiba 3 compone la Trilogia del Potere.

Ma di cosa parla questa trilogia? Con Desaparecido e i successivi album, i Litfiba intendono esplicitare tutto il loro rifiuto per i totalitarismi, le guerre, le violenze, la predominazione, prevaricazione. Il potere di un essere, di un gruppo, di una nazione, su qualcun altro. Otto tracce in cui ritmi e suoni si modificano mantenendo però un file rouge rappresentato dai testi.

In questa fase del gruppo siamo lontani dalle melodie di Spirito o Mondi Sommersi; qui le ambientazioni sono cupe, malinconiche, quasi apocalittiche, psichedeliche, per certi versi rabbiose e comunque ribelli. Un piacere per le orecchie.

Abbiamo indicato alcuni dei punti di riferimento (per certi aspetti dei Litfiba stessi) di quel genere sulla scena mondiale. A quelli occorre senza dubbio aggiungere, nel caso dei primi Litfiba, gli U2 di Sunday Bloody Sunday, e alcune sonorità e tratti della musica e del “personaggio” David Bowie.

Quel suono unico

Al suono dei grandi gruppi e artisti mondiali, i Litfiba aggiungono la frequentazione degli ambienti berlinesi e inglesi, in particolar modo londinesi. L’underground della new wave berlinese è qualcosa che, ancora oggi a distanza dal suono delle origini, mette sempre delle belle sensazioni.

Desaparecido è il risultato di tutte queste influenze, con al centro quel suono che li accompagnerà per tutta la prima parte di carriera; un suono che è stato definito, come wave rock mediterranea, capace di fondere elementi arabeggianti a ritmi sincopati ed elettronici, con qualche aggiunta di suoni rock e post punk.

In tale miscela, tutti gli strumenti trovano il giusto spazio, arricchendo così ulteriormente i testi criptici e di non facile interpretazione. Il risultato, l’abbiamo detto, è un album cupo, tenebroso, dai contorni molto sfumati, come in un sogno, capace di svariare e lasciare a bocca aperta. Basta ascoltare le tracce per rendersene immediatamente conto.

Le tracce di Desaparecido

Eroi nel vento

Torniamo a noi, a Desaparecido; che si apre con un brano divenuto poi uno dei simboli dell’intera carriera dei Litfiba, Eroi nel vento.

La canzone, inizialmente dal titolo Eroe nel vento e in seguito modificato in quello definitivo, è un brano molto profondo. I temi sono la guerra, l’eroismo e la scelta di disertare. Secondo qualcuno il riferimento è ai kamikaze, eroi del vento, che durante la seconda Guerra Mondiale si lanciavano contro i bersagli, spesso navi statunitensi, con il proprio aeroplano.

Guerre di eroi
Tradite senza pietà
E svanite nei secoli

Scatti ai nervi e sensi che
Le ombre dei sogni scuotono
Spazza vento e porta via
Il bambino che gioca con il mare

Non sarò eroe
Non sarei stato mai
Tradire e fuggire
È il ricordo che resterà

La volontà del protagonista è quindi disertare e voltare le spalle agli ordini, al sacrificio della propria vita, in favore della vita. Non è un eroe, e la scelta è proprio di non esserlo, ma di vivere. Il brano si distingue per un’atmosfera cupa e intensa, costruita su chitarre riverberate, basso pulsante e una batteria incalzante. L’uso degli effetti sulle chitarre, con echi e delay, richiama influenze della new wave britannica, mentre il basso profondo e ripetitivo conferisce un senso di inquietudine. Il tutto è arricchito dalla voce di Piero Pelù, che alterna toni sussurrati a esplosioni di potenza, trasmettendo un forte senso di tensione emotiva.

La preda

La Preda è uno dei brani più rappresentativi della prima fase dei Litfiba, pubblicato nel 1983 all’interno dell’EP Yassassin. Questo brano incarna perfettamente lo spirito new wave/post-punk che caratterizzava la band nei suoi esordi, con un sound oscuro, aggressivo e pulsante.

Il pezzo è costruito su chitarre taglienti, basso martellante e una batteria serrata, elementi che richiamano le influenze della scena post-punk britannica (come Joy Division o The Cure). La chitarra di Ghigo Renzulli è essenziale ma efficace, alternando riff asciutti e accordi aperti, creando un’atmosfera nervosa e ipnotica.

Il basso di Gianni Maroccolo è pesante e dominante, con un giro ripetitivo e ossessivo che conferisce alla traccia un senso di tensione continua. La batteria segue un ritmo incalzante, quasi tribale, con colpi secchi e precisi che mantengono alta l’energia del pezzo.

La voce di Piero Pelù è graffiante e teatrale, con un’interpretazione che alterna momenti più sussurrati a esplosioni improvvise di aggressività, aumentando il senso di urgenza e inquietudine.Il ritmo di La Preda è sostenuto e ipnotico, con un andamento incalzante che non dà tregua all’ascoltatore. La batteria e il basso creano una pulsazione quasi meccanica, su cui si innestano le chitarre e la voce, dando vita a un brano che sembra una sorta di inseguimento sonoro.

La struttura è relativamente semplice, ma l’intensità crescente mantiene alta la tensione fino alla fine, senza momenti di respiro.

Lulù e Marlene

Lulù e Marlene” è uno dei brani più celebri dei Litfiba, considerato da molti il capolavoro della band nella loro fase new wave. La canzone è un viaggio sonoro e narrativo che mescola atmosfere oscure, tensione emotiva e un sound profondamente evocativo.

Il brano si distingue per un sound raffinato e stratificato, che combina elementi di new wave, rock alternativo e suggestioni teatrali. La chitarra di Ghigo Renzulli è protagonista con arpeggi malinconici e suoni dilatati, arricchiti da effetti di eco e riverbero, creando un’ambientazione cinematografica e decadente.

Il basso di Gianni Maroccolo è caldo e avvolgente, mantenendo una pulsazione costante che dà profondità al brano, mentre la batteria di Ringo De Palma è discreta ma incisiva, accompagnando con eleganza i cambi di dinamica.

La voce di Piero Pelù è teatrale e magnetica: alterna sussurri ipnotici a esplosioni di intensità, rendendo il brano drammatico e seducente. Il ritmo è medio-lento e ipnotico, con un andamento che cresce gradualmente, enfatizzando la tensione narrativa della canzone. La batteria mantiene un groove morbido e costante, con una cassa che pulsa come un battito cardiaco, mentre basso e chitarra costruiscono un’atmosfera sospesa e suggestiva.

La struttura della canzone è fluida e avvolgente, senza un vero e proprio ritornello esplosivo, ma con una progressione emotiva che aumenta di intensità fino al climax finale. Il ritmo è medio-lento e ipnotico, con un andamento che cresce gradualmente, enfatizzando la tensione narrativa della canzone. La batteria mantiene un groove morbido e costante, con una cassa che pulsa come un battito cardiaco, mentre basso e chitarra costruiscono un’atmosfera sospesa e suggestiva.

La struttura della canzone è fluida e avvolgente, senza un vero e proprio ritornello esplosivo, ma con una progressione emotiva che aumenta di intensità fino al climax finale.

Litfiba, Fiumicino, Italy, 1985. Credit to @Luciano Viti/Getty Images
Litfiba, Fiumicino, Italy, 1985. Credit to @Luciano Viti/Getty Images

Istanbul

Il brano presenta un sound essenziale ma evocativo, con chitarre effettate che creano un’atmosfera sospesa, quasi onirica. Ghigo Renzulli utilizza riff minimali e arpeggi riverberati, che si intrecciano con il basso profondo e incalzante di Gianni Maroccolo.

La batteria è secca e ripetitiva, con un groove ipnotico che ricorda influenze post-punk e new wave. L’uso di percussioni e ritmi spezzati dona al pezzo un senso di viaggio e mistero, evocando immagini della città esotica e affascinante a cui il titolo fa riferimento.

La voce di Piero Pelù è carismatica e teatrale, con un’interpretazione che alterna momenti più soffusi a esplosioni di intensità. Il cantato quasi sussurrato in alcune parti contribuisce a creare un senso di tensione e attesa.

Il ritmo di Istanbul è medio e incalzante, con una batteria costante che spinge la canzone in avanti senza mai esplodere del tutto. Il basso guida il pezzo con una linea pulsante, ripetitiva e ossessiva, che conferisce al brano un senso di viaggio psichedelico. La struttura della canzone è circolare, con poche variazioni dinamiche, ma con un crescendo emotivo che coinvolge l’ascoltatore in un’atmosfera magnetica e misteriosa.

Tziganata

Tziganata è un brano ricco di simbolismo e, come molte canzoni dei Litfiba dell’epoca, è abbastanza criptico, enigmatico e ambiguo. Potremmo dire che è una sorta di viaggio interiore e di ricerca, un’esperienza che può essere interpretata come una riflessione sulla condizione umana, l’odio, le pulsioni e la fuga.

Le immagini nel testo sono vive e affilate, quasi come se Pelù stesse evocando un universo parallelo e selvaggio. Il senso di perdita e di movimento, che è ricorrente nell’album Desaparecido, trova una sua espressione anche in Tziganata.

Eva ballava sul fuoco
Profumo di sesso attorno a sè

Eva ballava sul fuoco
La notte in cui nacque l’odio

Il quinto brano di Desaparecido è caratterizzato da una miscela di strumenti elettrici e acustici, che creano un’ambientazione sonora densa e ricca di sfumature. Sembra quasi essere una “danza tribale”, un invito a liberarsi da costrizioni, un po’ come suggerisce anche il titolo stesso, che richiama la libertà e l’anarchia del popolo zingaro.

Pioggia di luce

Pioggia di luce è un brano che incarna perfettamente lo spirito di Desaparecido e dei Litfiba in quel periodo: un mix di inquietudine e ricerca, di energia travolgente e di riflessione profonda. Con il suo ritmo incalzante, la struttura dinamica, il testo enigmatico e l’uso innovativo di effetti, la canzone rappresenta una delle vette artistiche della band negli anni ’80, con un messaggio che risuona ancora oggi per la sua intensità emotiva e la sua carica simbolica.

Il sound di Pioggia è cupo e misterioso, con chitarre riverberate, linee di basso profonde e ossessive e una batteria che batte il tempo con un ritmo serrato e quasi rituale. L’atmosfera generale è opprimente e malinconica, con un senso di attesa e inquietudine che accompagna tutto il pezzo, come una pioggia che non smette mai di cadere. Il ritmo è medio, incalzante e ripetitivo, con una progressione costante che trascina l’ascoltatore dentro un loop ipnotico. Il brano non ha grandi variazioni di dinamica, ma è proprio questa sua costanza ossessiva a renderlo così potente e suggestivo. La struttura del pezzo è circolare, con strofe che sembrano ripetersi come un mantra, mentre il ritornello esplode con una melodia più aperta ma sempre carica di tensione.

Molto evocativo e misterioso il testo cantato da Pelù. Si tratta di una riflessione sulla condizione umana e sulla lotta interiore, con il tema della luce che si alterna a quello dell’oscurità. L’immagine richiama un contrasto potente, un fenomeno che può essere al contempo salvifico e distruttivo. La luce viene descritta come una forza che purifica ma che può anche accecare o travolgere. La canzone si presta quindi a diverse interpretazioni, e può essere vista come una metafora della ricerca di un’illuminazione interiore, ma anche come un’analisi del conflitto tra il desiderio di libertà e le difficoltà che questo comporta.

Desaparecido

Ed eccoci alla traccia che dà il nome all’intero album, Desaparecido. Il termine “desaparecido” si riferisce ai desaparecidos, le persone scomparse durante le dittature militari in America Latina, in particolare in Argentina tra il 1976 e il 1983. All’epoca dell’uscita di Desaparecido, i crimini delle dittature sudamericane erano noti, ma non ancora completamente elaborati a livello storico e politico. I Litfiba con questa canzone si inseriscono in una tradizione di artisti che hanno dato voce agli oppressi, utilizzando la musica come strumento di resistenza e memoria.

Come l’intero album, il brano affronta temi di denuncia sociale e politica, ponendo l’accento sulle violazioni dei diritti umani e sulla repressione.

Il brano si distingue per un sound oscuro e avvolgente, tipico della corrente new wave dell’epoca, ma arricchito da influenze mediterranee che conferiscono una particolare profondità emotiva. L’uso di effetti come riverbero, delay e chorus sulle chitarre e sulla voce contribuisce a creare un’atmosfera eterea e sospesa, sottolineando il tema della scomparsa e dell’assenza. Questi elementi sonori amplificano la profondità emotiva del brano, trasportando l’ascoltatore in un viaggio introspettivo.

Inutile sottolinearlo, ancora oggi Desaparecido rimane un pezzo di denuncia forte e attuale, che trasmette un messaggio universale sulla violazione dei diritti umani e sulla necessità di non dimenticare chi è stato ridotto al silenzio dalla storia.

Guerra

L’album si chiude con uno dei brani più intensi, potenti e viscerali. Guerra è un concentrato di tensione, ritmo incalzante e atmosfera bellica, sia nei testi che nella costruzione musicale, con la presenza di effetti di richiamo militare, come il suono della tromba e degli elicotteri.

Il sound di Guerra è teso, aggressivo e ipnotico, con una combinazione di elementi che creano un senso di marcia e conflitto. Molto importanti sono il basso e la batteria, che creano una base ossessiva e ipnotica, su cui la chitarra di Ghigo inserisce riff molto potenti, mentre la voce di Pelù domina la scena con la sua interpretazione carica di pathos.

La voce e gli strumenti si sovrappongono in un crescendo ansiogeno e opprimente, rendendo il brano sempre più carico e disturbante. Il pezzo si imprime così nella mente dell’ascoltatore, lasciandogli un senso di inquietudine e riflessione sulla follia della guerra.

Con il suo sound ruvido e la sua carica emotiva, la canzone è uno degli esempi migliori della prima fase new wave/post-punk dei Litfiba, in cui le tematiche politiche e sociali si sommano alle musiche intense e viscerali. è un pugno nello stomaco, una rappresentazione sonora della brutalità del conflitto.

Il viaggio è giunto al termine!

Siamo arrivati alla fine di questa camminata tra le tracce di Desaparecido, che speriamo vi sia piaciuta. Un album, come abbiamo detto, caratterizzato da un sound aspro, cupo e ipnotico, con elementi che richiamano il post-punk britannico, ma con una forte impronta mediterranea.

Come tutti gli altri artisti incontrati durante il percorso di Vinyl Voyager, anche dei Litfiba è disponibile la nostra playlist, che include anche gli altri album della Trilogia del Potere, di cui parleremo nelle prossime puntate.

Care e cari voyagers, ci si vede in giro!

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