Ana y Jaime, tra Musica, Storia e Ribellione

Copertina del vinile 'Diré a mi gente' di Ana y Jaime

Questo nostro viaggio inizia come la canzone, Eravamo quattro amici al bar, ma noi, invece di voler cambiare il mondo, avevamo voglia di avventura. Ci eravamo appena lasciati alle spalle la sessione d’esami autunnale. Davanti a noi, il freddo, sei mesi di corsi, studio e routine. 

In quel momento, seduti al bar davanti all’università, tra un caffè e una birra, tra un cornetto e un panino, la nostra unica preoccupazione era un’altra: volevamo qualcosa di diverso. E così, mentre l’aria della sera si riempiva di idee vaghe e progetti improvvisati, a un certo punto qualcuno lo disse ad alta voce: “Dai, partiamo!”. 

E in effetti, quale momento migliore? La domanda successiva, Dove?, ebbe una risposta quasi automatica e naturale: volevamo il mare, il sole, il caldo e tanta leggerezza, America latina, Colombia. Che poi, arrivati lì, abbiamo scoperto che non è che facesse tutto sto gran caldo, ma sicuramente abbiamo trovato un clima migliore di quello che avevamo appena abbandonato.

L’arrivo in Colombia: un’esplosione di colori, suoni ed emozioni

Non so se sia solo una nostra impressione da europei, ma quando si mette piede per la prima volta in un paese latinoamericano, tutto sembra più acceso. I colori sono più vibranti, quasi ipnotici, e lasciano di sasso. Poi c’è la gente: quell’ospitalità spontanea, quell’apertura totale verso chiunque venga da fuori, con una curiosità quasi genuina, pura. E infine, la cosa che più di tutte definisce l’atmosfera: la musica. Ovunque

Il silenzio sembra non esistere, è quasi un concetto astratto. Entri al supermercato e c’è la salsa, dal dentista ti accoglie un merengue, passeggi per strada e senti la cumbia che arriva da non si sa da dove. Dopo un po’ non ci si fa neanche più caso. Anzi, quando il rumore si ferma, senti che manca qualcosa, come se all’improvviso fosse sparita la colonna sonora del viaggio.

Di posti belli ne abbiamo visti tanti: Las Cascadas de Payandé nel Tolima, la Catedral de Sal a Zipaquirá, il Cabo de la Vela nella Guajira… La Colombia è un mosaico di paesaggi e atmosfere diverse, e ogni tappa sembrava più sorprendente della precedente. 

Proprio in uno di questi luoghi, in Antioquia, durante un’escursione alla Laguna di Guatapé, abbiamo conosciuto una coppia di paisas (così chiamano gli abitanti di questa regione): Alex e Claudia. Simpatia ed entusiasmo contagiosi e quell’accoglienza tipica dei colombiani. Dopo pochi minuti, sembrava di conoscerli da sempre. E infatti, non ci sorprendemmo troppo quando ci invitarono a cena nel loro appartamento a Medellín. 

Ovviamente, abbiamo accettato con gusto. Arrivati lì, ci dissero che avrebbero messo un po’ di musica. Noi eravamo già pronti per l’ennesima salsa o per qualche canzone di vallenato. E invece, no. Ci sorpresero.

Ana y Jaime: la scoperta musicale che ci ha sorpreso

In compagnia di Alex e Claudia ascoltammo per la prima volta Ana y Jaime (AyJ). Un duo colombiano che negli anni Sessanta ha dato voce a un’intera generazione. Il loro stile era particolare, aveva un qualcosa di Bob Dylan, era una sorta di esperimento musicale che mescolava folk, pop e protesta.

Ma più di tutto, erano (e sono) i testi a colpire. Parole che raccontavano di un’epoca in fermento, che parlavano di chi non aveva voce, di chi cercava un posto nel mondo in un periodo di grandi cambiamenti. E così, tra una Bandeja Paisa e qualche sorso di aguardiente, i nostri nuovi amici ci raccontarono la loro storia. E quella di un’intera generazione che, attraverso la musica, cercava di farsi sentire.

L’aguardiente: il sapore autentico della Colombia

Se l’anima di un popolo potesse essere imbottigliata, in Colombia avrebbe il sapore dell’aguardiente, come in Italia del vino. E in Antioquia, regione colombiana confinante con il Mare dei Caraibi, più precisamente dell’Aguardiente Antioqueño.

Bottiglia di Aguardiente Antioqueño
Bottiglia di Aguardiente Antioqueño su uno sfondo dinamico ispirato ai colori della bandiera colombiana.

Questo liquore trasparente accompagna i colombiani nei momenti di festa, nei brindisi più sentiti e persino nelle delusioni d’amore. Ma l’aguardiente è molto più di un semplice distillato: è un simbolo di identità, la scusa perfetta per riunirsi e condividere.

La sua bottiglia è inconfondibile, con un design classico e il tappo rosso della versione tradizionale, sostituito da quello azzurro per la versione light, senza zucchero, e quello verde più leggero e soave. Quando si versa, il profumo intenso di anice diventa avvolgente, invitando al primo sorso, che scivola giù caldo e deciso, per poi lasciare un retrogusto speziato con una leggera dolcezza persistente. Diciamo subito che questo non è un liquore per chi cerca sapori delicati.

Ma da dove nasce questa bevanda iconica? Furono gli spagnoli a introdurre in America la tecnica di distillazione dell’orujo, un liquore ottenuto dalle bucce d’uva. Unendo questo metodo alla canna da zucchero (anche quella portata dagli spagnoli), nacque l’aguardiente.

Dalla canna da zucchero al bicchiere

Tutto inizia dalla canna da zucchero, da cui si estrae la melassa, un liquido denso e dolcissimo che serve come base per la fermentazione. Miscelata con acqua e lieviti, la melassa si trasforma in alcol nel giro di pochi giorni. Il liquido fermentato viene poi distillato per separare l’alcol dalle impurità.

Ma il segreto del guaro, come viene affettuosamente chiamato in Colombia l’aguardiente, sta tutto nel passaggio successivo: l’aggiunta di essenza naturale di anice, che gli conferisce quel sapore unico e inconfondibile. Dopo un’ultima diluizione con acqua purissima e un attento processo di filtrazione, è pronto per essere imbottigliato e gustato.

L’Aguardiente Antioqueño non è solo una bevanda: è un pezzo di cultura colombiana. Si trova ovunque, dalle celebrazioni della Feria de las Flores di Medellín ai carnevali, fino alle semplici serate tra amici, sempre accompagnato dalla musica che rende l’atmosfera ancora più vivace.

E ora, prima di andare avanti… Versiamoci un altro cicchetto di aguardiente. ¡Salud!

Ana y Jaime: la voce di una generazione

Jaime nacque nel 1953 a Herveo, Tolima, e Ana nel 1954, a Bogotá. La loro carriera musicale si sviluppò tra il 1969 e il 1986, ma il loro talento si manifestò molto prima. Fin da bambini mostrarono una chiara inclinazione per la musica sebbene, per i loro genitori, l’idea di farne una professione fosse impensabile e impraticabile. 

Per questo motivo non ricevettero mai un’educazione musicale formale, nonostante lo sviluppo nel tempo di talenti straordinari di entrambi: Ana nel canto, e Jaime con la chitarra, che imparò a suonare ad orecchio.

Estudio 15

Col passare degli anni, la loro sicurezza musicale crebbe al punto da spingerli a presentarsi a Estudio 15, un programma radiofonico di Radio 15 che, all’epoca, era una sorta di MTV colombiano. Era lo show più seguito dai giovani, il più alla moda, il punto di riferimento per scoprire le nuove tendenze musicali e gli artisti emergenti. Non a caso, fu uno dei programmi che contribuirono maggiormente allo sviluppo del rock colombiano. 

Estudio 15 si trasformò poi in un’etichetta discografica, inizialmente mantenendo lo stesso nome, per poi diventare Disco 15  (che fantasia che avevano per i nomi). Oltre a promuovere il rock locale, questa casa discografica ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione della musica della cosiddetta Nuova Ola (una sorta di musica nata dalla mescolanza del rock and roll che arrivava dagli stati uniti e del pop europeo)  dando spazio ad artisti importanti della scena latinoamericana, come Harold, Óscar Golden e The Beatniks

Disco 15 fu centrale anche nella diffusione della canción de protesta o Nueva Canción Latinoamericana, molto presente in quegli anni in tutta latinoamerica. Questa musica aveva il compito di dare voce al dissidio popolare, raccontare la violenza, la disperazione e i sogni di tutti coloro che non avevano la possibilità di essere ascoltati. 

Tra i temi trattati, la musica di protesta promuoveva il socialismo e l’antimperialismo, e tra le sue file troviamo artisti molto conosciuti in latinoamerica come Mercedes Sosa, Facundo Cabral, Piero, gli Inti Ilimani, AyJ, e tanti altri.

La canzone di protesta e l’influenza politica

Nel 1969, AyJ fecero il loro debutto in Estudio 15 e, nello stesso anno, pubblicarono con Disco 15 il loro primo LP, Diré a mi gente, il vinile simbolo di questo viaggio. Questo disco segnò l’inizio di una carriera che avrebbe dato voce a un’intera generazione insoddisfatta, cresciuta in un paese lacerato dalla disuguaglianza economica e dalla violenza, problemi che da decenni scuotevano la Colombia.

Ciò che ci ha colpito di più di AyJ è proprio la loro capacità di dar forma a questa voce collettiva fin dal primo album, e per di più a un’età incredibilmente giovane: Jaime aveva appena 16 anni e Ana soltanto 15. Ma per comprendere davvero il senso e l’importanza della loro musica, dobbiamo fare un passo indietro e immergerci nella storia della Colombia di quegli anni.

La Colombia negli anni ‘50 e ‘60:

Gli anni ’50 in Colombia non erano certo il periodo ideale per nascere o crescere, soprattutto se si apparteneva a una famiglia contadina. Il decennio si apriva con una guerra civile così cruenta da essere ricordata come La Violencia (‘48-’58), uno scontro tra le due principali forze politiche dell’epoca: i Conservadores (destra conservatrice) e i Liberales (centrosinistra con alcune correnti verso il centrodestra). 

Colori e simboli di appartenenza dei due schieramenti politici della Colombia anni 50

La Violencia causò la morte di circa 200.000 persone, probabilmente molte di più, considerando l’uso esteso di fosse comuni e la mancanza di registrazioni ufficiali, e costrinse milioni di desplazados (sfollati) a cercare rifugio nelle città per sfuggire alla violenza. 

Da un lato c’erano i luogotenenti, l’élite economica e la Chiesa, impegnati a mantenere uno status quo basato sulla concentrazione di potere e terre. Dall’altro, i ceti popolari, soprattutto contadini, molti dei quali, paradossalmente, si identificavano come Conservadores (la storia purtroppo non insegna mai niente, anche se avrebbe), che iniziavano a reclamare maggiore giustizia sociale e rappresentanza politica. 

Il conflitto si insinuò in tutte le classi sociali e, complice l’ignoranza diffusa e l’eredità politica familiare, molti contadini finirono per combattere tra vicini semplicemente per il colore della loro ideologia: gli Azzurri (Conservadores) contro i Rossi (Liberales).

Il governo, invece di mediare, si schierò con i Conservadores e adottò una repressione brutale contro i Liberales e i contadini che chiedevano riforme. L’esercito non solo supportava i Conservadores, ma aveva anche il mandato di sterminare i Liberales. 

La figura del generale Gustavo Rojas Pinilla

Con il tempo, la Violencia degenerò in una spirale di terrore: omicidi politici, massacri e rappresaglie familiari trasformarono l’intero conflitto in un Risiko macabro, in cui bande armate autonome sia di conservadores che di liberales prendevano il controllo di intere regioni e ne imponevano le proprie leggi. Le città restavano relativamente sicure, ma le campagne erano un inferno.

Nel 1953, il generale Gustavo Rojas Pinilla arriva come un salvatore che avrebbe risolto la situazione per il bene di tutto il paese. Aveva ampio consenso tra intellettuali e artisti che vedevano in lui la concreta possibilità di un cambiamento storico. 

Il generale prese il potere con un Golpe, promettendo in un colpo solo la fine della guerra, un governo più efficiente e la modernizzazione del Paese. E così fu, all’inizio: concesse un’amnistia ai liberali, avviò la costruzione di infrastrutture (strade, aeroporti, reti elettriche) e investì in istruzione e sanità. 

Sembrava un nuovo inizio, ma purtroppo emerse ben presto il carattere autoritario: la dittatura perseguitò gli oppositori, impose la censura e represse nel sangue ogni protesta sociale. Paradossalmente, non fu il popolo a rovesciarlo, ma le élite politiche ed economiche, che, escluse dal potere, si allearono con una parte dell’esercito per destituirlo. Un caso non unico, ma certamente molto raro.

Il Fronte Nacional e l’apparente stabilità politica

Nel 1957 Rojas Pinilla fu esiliato e nacque il Fronte Nacional, la nuova promessa di miglioramento per il paese, ma in pratica un accordo tra Conservadores e Liberales per alternarsi alla presidenza ogni quattro anni. e cosi dal 1958, per 16 anni, il potere si spartì tra i due partiti, escludendo qualsiasi altra forza politica.

Questo sistema garantì una stabilità apparente, ma mantenne inalterate le profonde disuguaglianze sociali ed economiche. La pace esisteva solo sulla carta: mentre il governo celebrava la fine del conflitto, nelle campagne si accendevano nuovi focolai di ribellione, e nel vuoto politico lasciato dal Fronte Nacional cominciavano a emergere le guerriglie rivoluzionarie.

Il Fronte Nacional portò a una radicalizzazione della sinistra e innescò profondi cambiamenti nel panorama politico colombiano. Esclusa da qualsiasi spazio di partecipazione istituzionale, la sinistra rivoluzionaria vide nella lotta armata l’unica alternativa possibile per ottenere trasformazioni politiche.

A peggiorare la situazione contribuì anche la crescente consapevolezza, tra contadini e operai, di trovarsi di fronte a uno Stato che rappresentava esclusivamente gli interessi delle élite. Nel frattempo, studenti, sindacati e movimenti contadini iniziarono a organizzarsi in comitati e gruppi, chiedendo apertamente riforme strutturali e una maggiore giustizia sociale.

La nascita delle guerriglie rivoluzionarie

Il governo, percependo nemici ovunque, rispose con una repressione ancora più brutale. Questa volta, però, i bersagli non erano più i liberali, ormai integrati nel sistema di potere, ma chiunque osasse manifestare dissenso, indipendentemente dalla portata dell’opposizione. Fu in questo contesto che, nel 1964, nacquero le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), due gruppi destinati a segnare profondamente la storia del Paese e che, fino a pochi anni fa, erano ancora al centro delle cronache internazionali.

All’epoca della loro fondazione, FARC ed ELN erano molto diverse da ciò che sarebbero diventate negli anni successivi. Oggi, entrambi i gruppi sono spesso associati alla difesa del narcotraffico, giustificata da una presunta lotta per il popolo. Tuttavia, negli anni ’60, il loro intento era autenticamente rivoluzionario: influenzati dalla rivoluzione cubana, vedevano nella lotta armata il mezzo per sovvertire un sistema socio-politico insostenibile e realizzare un ideale marxista-leninista.

Le FARC nacquero da gruppi di contadini armati già attivi durante La Violencia, con obiettivi ben precisi: una riforma agraria, la ridistribuzione della terra, la sovversione del sistema politico vigente e la costruzione di uno Stato socialista. L’ELN, invece, aveva una base più ideologica e includeva intellettuali, studenti e persino sacerdoti di sinistra. La loro strategia, più romantica e radicale, si concentrava su sabotaggi alle infrastrutture statali, attacchi contro industrie straniere (soprattutto quelle petrolifere nordamericane) e la formazione di cellule socialiste nelle città e nelle campagne.

L’America Latina e l’influenza degli Stati Uniti

La risposta dello Stato fu tutt’altro che lungimirante. Invece di affrontare le richieste sociali, si affidò completamente all’apparato militare e decise di aprire le porte agli Stati Uniti, che erano ovviamente ansiosi di esportare la loro ideologia e consolidare il proprio potere economico nella regione, cosa che fecero attraverso il programma Latin American Security Operation (LASO).

Washington fornì a Bogotà aiuti economici e militari che si tradussero in:

È importante notare che il LASO è il precursore del Plan Cóndor, nato sempre dagli statunitensi negli anni ’70 come una vera e propria operazione di repressione coordinata tra le dittature di Argentina (Jorge Rafael Videla), Cile (Augusto Pinochet), Uruguay (Juan María Bordaberry), Paraguay (Alfredo Stroessner), Bolivia (Hugo Banzer) e Brasile (Ernesto Geisel). Si stima che il Plan Cóndor abbia causato la morte o la sparizione di almeno 60.000 persone.

Ribellione culturale e Nadaismo

Queste strategie non fecero altro che alimentare il conflitto, fornendo ulteriore legittimità alla lotta delle minoranze e rafforzando la resistenza armata. Tuttavia, la contestazione al governo non passava solo attraverso le armi. Durante gli anni ’60, la Colombia assistette anche a una crescita senza precedenti dei movimenti studenteschi, ispirati dalla rivoluzione cubana e dal maggio francese, che animavano dibattiti e proteste nelle università.

Anche i sindacati si rafforzarono, organizzando scioperi massivi per denunciare lo sfruttamento e la mancanza di diritti per i lavoratori. Perfino alcuni settori della Chiesa si schierarono con le lotte popolari, influenzati dalla teologia della liberazione dell’ELN, rompendo la tradizionale alleanza tra gerarchie ecclesiastiche e Stato. 

Proprio in quel contesto nasce il Nadaismo, una corrente di pensiero che ebbe grande importanza per la gioventù dell’epoca, si opponeva ai valori tradizionali imposti dalla chiesa e dallo stato, promuovendo un’espressione libera, ribelle e anticonformista.

Ana y Jaime: tra successo e impegno sociale

Ed è a questo punto che ritroviamo Ana y Jaime. Come già accennato, la loro carriera musicale inizia da giovanissimi, con uno stile che mescola folk, pop, canción protesta e la tradizione musicale colombiana. Dopo il debutto alla radio, nel 1971 partecipano a importanti festival come il Festival del Coco, dove si classificano terzi con il brano Ricardo Semillas, e il Festival del Caribe, dove ottengono il secondo posto con Este Viento Amor.

Il duo rimane attivo fino al 1977, anno in cui pubblicano il loro quinto album. Poco dopo, Ana si sposa e si trasferisce in Venezuela, mentre Jaime resta a Bogotá, lavorando come arrangiatore e compositore di jingle pubblicitari. Il destino, però, li riunisce nel 1986, quando Ana torna in Colombia dopo il divorzio (l’amore dà, l’amore toglie!). Da quel momento, riprendono a fare musica insieme e pubblicano altri quattro album.

Discografia di Ana y Jaime: un viaggio attraverso la loro musica

Ana y Jaime hanno lasciato un’eredità musicale significativa, con album che raccontano storie di lotta, amore e speranza:

Protesta autentica o compromesso con il potere?

Un qualcosa che vogliamo ancora far notare è il fatto che mentre esploravamo la loro carriera, ci siamo resi conto di un dettaglio curioso: AyJ hanno subito delle pressioni e qualche persecuzione governativa, fatta evidente dalla censura di alcune loro canzoni, ma questa censura non è stata cosi forte da impedire loro di produrre musica, fare concerti e dischi; ed è proprio questa leggera censura vista dagli occhi di alcuni, che li ha resi oggetto di critiche.

A differenza di artisti come Piero, costretto a fuggire dall’Argentina nel 1976, o gli Inti-Illimani, esiliati nel 1973, dopo il colpo di Stato di Pinochet. AyJ non hanno mai dovuto lasciare la Colombia per le loro idee e fino alla loro separazione hanno continuato sempre il loro impegno musicale, facendo concerti e pubblicando dischi.

Questo ha portato qualcuno a etichettarli come artisti di protesta comoda, accusandoli di aver scelto una via più conciliatoria, senza mai scontrarsi davvero con il potere. Alcuni li hanno definito la loro musica protesta comercial, insinuando che la loro fosse una pseudo protesta, confezionata con melodie alla moda per piacere a tutti. 

Ma qui vale la pena di fermarsi a riflettere. In un contesto di governi repressivi, scegliere di cantare canzoni di denuncia, anziché limitarsi ai soliti temi “sole, cuore amore”, è già di per sé un atto di coraggio. Ana y Jaime hanno preso una decisione chiara e consapevole: usare la loro musica per dare voce a chi non ne aveva. E questo, al di là di ogni critica, resta il loro più grande merito.

I brani e i testi più iconici

Per farvi capire la potenza dei loro testi, vi presentiamo due piccoli estratti dei testi di due canzoni loro.

 

Un disparo cortó el viento con sed de sangre emboscada (…) 

Ricardo murió ese día haciendo bien sus quehaceres

Cayó sembrando semillas de nuevos amaneceres

La vida es nuestra muy nuestra también es nuestra la tierra

Uno sparo vicino tagliò il vento con sete di sangue in agguato (…)

Ricardo morì quel giorno facendo bene i suoi doveri

Cadde seminando semi di nuove alba

La vita è nostra, anche la terra è nostra

 

 Questo è un estratto della canzone Ricardo Semillas. Il brano racconta la storia di Ricardo Lara Parada, leader sociale, politico e ideologo rivoluzionario, assassinato il 14 novembre 1966. La sua morte lo trasformò in un simbolo della lotta sociale e politica nel paese. Con questa canzone, nel 1971, Ana y Jaime rendono omaggio a tutti coloro che seguono i propri ideali, offrendo al tempo stesso un monito: il cambiamento richiede coraggio e sacrificio.

 

Tu fusil, amor, es la música más libre bajo el Sol

Es sangre y es futuro del amor

Tu fusil amor

Este viento amor que con nosotros caminando va

Por cada grito de la guerra que será

El grito de la nueva libertad

Il tuo fucile, amore, è la musica più libera sotto il sole
È sangue ed è il futuro dell’amore
Il tuo fucile, amore

Questo vento, amore, che cammina insieme a noi
Per ogni grido della guerra che sarà
Il grido della nuova libertà

 Questo è un estratto della canzone Este Viento, un inno alla libertà e alla giustizia. Il brano racconta la lotta intrapresa tra le montagne, dove il vento diventa una potente metafora di perseveranza e del desiderio di un futuro migliore.

Diré a mi gente

Finalmente, parliamo del loro primo disco. Diré a mi gente (1969) si distingue non solo per i suoi testi impegnati, ma anche per il suo suono peculiare all’interno del movimento della canzone di protesta in America Latina. Ciò che lo rende unico è la combinazione di elementi folk, musica andina e pop acustico, il tutto avvolto in uno stile intimo ed emozionale, perfettamente in sintonia con la sensibilità del loro tempo.

L’album presenta una strumentazione semplice ma efficace, con le chitarre acustiche in primo piano, creando un’atmosfera calda e avvolgente. Gli arrangiamenti minimalisti permettono alla voce di AyJ di emergere come protagonista, con armonizzazioni delicate ma cariche di emozione.

Il suono di Diré a mi gente è fortemente influenzato dal folk nordamericano di artisti come Bob Dylan e Joan Baez, oltre che dal movimento della Nueva Canción Latinoamericana, con esponenti del calibro di Mercedes Sosa e Violeta Parra.

Ana y Jaime però riescono a conferirgli un’identità propria attraverso la loro interpretazione malinconica e il loro approccio poetico. Alcuni elementi distintivi sono:

Questo disco non solo segna l’inizio della carriera di AyJ, ma lascia anche un’impronta indelebile nella musica di protesta colombiana e latinoamericana. Il suo suono puro e diretto, unito a testi profondi e impegnati, lo rende ancora oggi un punto di riferimento per la musica con una coscienza sociale.

1. Dispersos

Una canzone dall’aria malinconica che parla di separazione e solitudine, sia in termini personali che come metafora della disunione sociale. Il sound è minimalista, con chitarre leggere e un’interpretazione vocale che enfatizza la tristezza del messaggio.

2. Jerusalem

Un brano dal tono quasi mistico e contemplativo. Il titolo fa riferimento alla città santa, ma il testo può essere interpretato come una riflessione sulla guerra e sulla pace, temi ricorrenti nella musica di protesta dell’epoca. La melodia ha un’aria solenne, con un arrangiamento che sottolinea il carattere riflessivo del pezzo.

3. Diré a mi gente

È la canzone che dà il nome all’album e uno degli inni più emblematici di Ana y Jaime. Parla di resistenza e speranza in tempi difficili. La sua struttura è semplice ma efficace, con una melodia orecchiabile che rafforza il messaggio di unità e lotta per la giustizia.

4. Es largo el camino

Un brano che trasmette la sensazione di stanchezza e perseveranza nella lotta per un futuro migliore. Il ritmo è pacato, rafforzando l’idea di un cammino difficile ma necessario. Il suo stile richiama il folk classico, con una forte carica emotiva nell’interpretazione vocale.

5. Love Story

Una versione in spagnolo della celebre canzone romantica Love Story. Ana y Jaime le danno un tocco personale, con un’interpretazione delicata e un arrangiamento essenziale che mette in risalto l’emotività del brano.

6. Cuántos momentos

Un pezzo nostalgico sul passare del tempo e il ricordo dei momenti condivisi. La melodia è dolce e malinconica, con arrangiamenti che evocano un senso di nostalgia.

7. Soy rebelde

Questa canzone si allinea con lo spirito della gioventù ribelle dell’epoca. Non è la stessa Soy rebelde resa famosa da Jeanette negli anni ’70, ma condivide il tema della ribellione come atto di identità. Il suo ritmo è più dinamico rispetto ad altri brani dell’album.

8. Café y petróleo

Uno dei brani con il maggior contenuto sociale dell’album, che fa riferimento all’economia colombiana basata sull’esportazione di caffè e petrolio. È una critica alla dipendenza da queste risorse e alle loro ripercussioni sulla popolazione. Il sound presenta influenze della musica andina, rafforzando il legame con l’identità latinoamericana.

9. Ricardo (Semillas)

Dedicata a Ricardo Lara Parada, leader studentesco assassinato nel 1966. È una delle canzoni più potenti dell’album, sia per il suo contenuto che per la melodia intensa. Parla della lotta studentesca e dell’idea che, anche se i leader cadono, le loro idee continuano a crescere come semi.

10. A desalambrar

Una cover dell’iconico brano di Daniel Viglietti, divenuto un inno alla canzone di protesta in tutta l’America Latina. La versione di Ana y Jaime mantiene la forza del messaggio originale, esortando il popolo ad agire e liberarsi dalle catene dell’oppressione.

11. A veces quisiera ser ciego

Una canzone introspettiva che esprime il desiderio di sfuggire a una realtà dolorosa. Il tono è malinconico e l’interpretazione vocale trasmette un senso di rassegnazione, ma anche di anelito per qualcosa di migliore.

12. Nina Nana

Chiude l’album con una sorta di ninna nanna. È un brano delicato e avvolgente, con un arrangiamento soffice che trasmette pace e tenerezza. La sua presenza nell’album può essere interpretata come un messaggio di speranza, dopo un percorso ricco di lotta e riflessione.

Di ritorno

Il nostro viaggio a cavallo di un esame e l’altro proseguì con altre conoscenze, visite ed esperienze, anche se non per molti giorni prima del nostro ritorno a casa. E all’improvviso, di nuovo al bar dell’università. Tra un caffè e una birra, un cornetto e un panino, tuttavia, la malinconia ci aveva assalito completamente.

Chissà tra quanto tempo si ritornerà in quei posti, ci ripetevamo. Fortunatamente però a quella domanda, abbiamo dato risposta qualche anno fa.

Ascoltaci!

Ti è piaciuta la storia di Ana y Jaime? Ascolta i loro brani nella nostra playlist su Spotify!

Chitarra classica con un fiore di speranza che cresce dalla buca, circondata da armi e sangue, su sfondo diviso tra rosso e azzurro, simbolo del conflitto politico colombiano degli anni '50 e '60.
Un fiore di speranza nei colori della bandiera colombiana cresce dalla chitarra, mentre lo sfondo nei toni del rosso e dell’azzurro rappresenta il conflitto tra liberali e conservatori. Un’immagine simbolica della musica come strumento di lotta contro la repressione.

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