Sovietwave e PPK – uno sguardo al passato e uno al futuro

Nostalgia di un mondo mai scomparso?

Nel viaggio di oggi ci sposteremo a est, nella Russia elettronica e trance degli anni 2000, per parlare della Sovietwave, un genere musicale diffuso in Europa e Russia e che affonda le origini nella trance, nella synthwave, nelle colonne sonore dei film, nel post-punk. Tra i più famosi esponenti di questo sottogenere, i PPK saranno i protagonisti di questo racconto, in particolare l’album del 2002 Русский Транс: Формирование, Russian Trance Formation.

Suoni e ritmi ipnotici, onirici, con una chiara sfumatura di nostalgia per un passato che, a guardare il presente, non sembra essere così lontano, almeno per il quadro geopolitico attuale. Ne abbiamo una prova concreta in un viaggio tra Mosca, San Pietroburgo e le escursioni verso l’interno.

Lo faremo come sempre in compagnia di un bicchiere, questa volta di Mamont, una vodka siberiana di alta qualità, comprata direttamente alla fonte – a Mosca, non proprio in Siberia – come souvenir.

Il Novecento e i due blocchi

Eric Hobsbawm, all’indomani dello scioglimento dell’Unione Sovietica pubblica Il secolo breve, un’opera illuminante che interpreta il Novecento in relazione al secolo precedente e alle vicissitudini che hanno attraversato entrambi. È il 1994 e lo storico britannico analizza e descrive con straordinaria lucidità i fatti del Novecento, giungendo alla conclusione che si tratti di un “secolo breve”, nei confronti di un Ottocento che di fatto si è concluso con la Prima Guerra Mondiale, nel 1914.

Nato “tardi”, il 900 finisce pure prima, alle porte degli anni 90, con la dissoluzione dell’URSS che avvia la globalizzazione, spauracchio di quelle generazioni e abbracciata con amore da quelle attuali.

Sono passati oltre 30 anni da quei momenti e, sotto certi aspetti, il mondo non sembra poi così tanto cambiato. La guerra in Ucraina ricorda come l’Est sia sempre portatore di minaccia per quelli sull’Atlantico. Vero, i rapporti di forza sono mutati, con l’ascesa della Cina e del sud est asiatico, non esiste più l’Unione Sovietica e molti stati sono ufficialmente indipendenti, la Russia è diventata una Federazione…

Ma l’attualità di questi anni sembra riportarci cinquant’anni indietro, a quella “minaccia comunista” incombente, a una propaganda militare che da qualsiasi punto la si guardi puzza molto di faziosità. Tanto tra i filorussi, quanto tra i filoccidentali. Sembra che questo periodo attuale sia una reprise di quanto interrotto trent’anni fa. Con lo stesso fervore da entrambi le parti. Interrotto, oddio…

Questa però è soltanto la nostra impressione. Non facciamo politica, né siamo seguaci di questo o quel leader. Noi viaggiamo, amiamo la musica, la Storia e le storie che avvolgono gli artisti e gli album.

Una Vodka decisa e trasparente, Mamont

Prodotta nell’Altaj in Siberia, una regione famosa per le proprie acque, la vodka Mamont si ottiene attraverso un’accurata selezione di grano bianco.

Bottiglia e bicchiere di Vodka Mamont
.

Durante il processo, la Mamont è distillata cinque volte prime di venire filtrata attraverso il carbone di legna di betulla siberiana. È una vodka decisa e con ottimi sapori, rilasciati lentamente. Tradotto: non bevetela per fare degli shottini.

La sua particolarità – che al momento dell’acquisto ci fece propendere per questa scelta – è la forma della bottiglia, che ricorda la zanna di un mammut. Un animale preistorico enorme, possente, maestoso, resistente alle intemperie. Una montagna di pelo difficile da accerchiare e catturare, se non rischiando grosso e, spesso, anche di più.

Un animale ripreso in questa vodka, il cui carattere è forte ma gustoso al tempo stesso, se assaporata con cura e con il giusto approccio. Come merita un mammut.

Prima della Sovietwave, l’Unione Sovietica

Consigliamo a tutti gli amanti del buon bere un sorso di questa vodka. Un fuoco gelido.

Una sensazione che si addice perfettamente alla Sovietwave, ai PPK e all’album Русский Транс: Формирование. Ma andiamo con ordine.

Per capire cosa significa la Sovietwave bisogna prima fare un salto indietro al 1991. È la sera di Natale e dalle torri del Cremlino scendono le bandiere rosse per lasciare il posto a quella della nascente Federazione Russa che riprendeva i colori dell’impero zarista. Il grande sogno comunista si era sgonfiato su sé stesso, a colpi di censura e repressione interna, militarismo, regime e gulag.

Dalla Rivoluzione di Ottobre del 1917, l’Unione Sovietica aveva occupato tutto quel secolo breve descritto da Hobsbawm come principale antagonista del blocco occidentale. Con gioie e dolori. L’URSS aveva sì vinto aperto i cancelli di Aushwitz e dato una seria mazzata al nazismo; aveva certamente dato un’accelerata alle missioni spaziali con lo Sputnik e all’informatica. Ma con tanti scheletri nell’armadio, e un equilibrio mondiale sempre ballerino.

Gli ultimi anni dell’URSS sono una lenta agonia, un malato terminale abbattuto dal dissenso e dall’opposizione ormai insostenibile, oltre che da un mondo diverso dagli anni 50. Abbattuto da una politica avversa alla democrazia – nonostante lo statuto fondiario – e caratterizzata da una presenza asfissiante del “partito” nell’economia, nell’industria, nello sport, nella musica, nelle arti, nell’informazione, etc. Un Grande Fratello che aveva già procurato sofferenza e insofferenza nelle zone di influenza anni prima. La caduta del Muro di Berlino, Solidarność in Polonia, le proteste di Piazza Tienanmen furono ulteriori crepe in un palazzo già in rovina.

Dal sogno alla dissoluzione, alla nostalgia

Nonostante questo, in molte persone gli anni dell’URSS sono vissuti con nostalgia. Una nostalgia che è divenuta un vero e proprio fenomeno sociale e sociologico, presente sia in Russia, sia nelle aree di appartenenza al blocco sovietico. Dall’Armenia all’Uzbekistan – letteralmente, quasi dalla A alla Z – in tutti i paesi dell’ex-blocco, i sondaggi degli anni 2000 hanno comunicato una nostalgia dell’URSS che riguardava circa il 50% della popolazione.

I motivi? La mancanza di un sistema economico condiviso, la nascita di una nuova oligarchia finanziaria dovuta dall’introduzione della privatizzazione, l’ingresso di potenze straniere verso le sfere di influenza della Russia. A titolo di esempio, nel 2019 un sondaggio rilevava che il 59% dei russi sentiva che il governo sovietico “si prendeva cura della gente comune”1.

La malinconia della Sovietwave

Ex shuttle sovietico in un hangar in Kazakistan

Date queste premesse, la Sovietwave non può quindi essere vista come un semplice genere. Rappresenta artisticamente il sentimento nascosto tra le giovani generazioni di un amore mai assopito verso un passato considerato glorioso, e per tutti. È malinconico e nostalgico, non aggressivo e irruento come altri generi di musica trance.

Questo genere spesso utilizza suoni analogici tipici degli anni ’80, come sintetizzatori, sequencer e drum machine. Questi suoni sono spesso combinati con campionamenti di discorsi politici, film e programmi televisivi sovietici. Le tematiche includono la glorificazione del passato, la critica al presente, la malinconia per un’era perduta e la riflessione sulle promesse non mantenute del socialismo.

Esempio di architettura brutalista

L’estetica visiva del sovietwave include l’uso di immagini di propaganda, poster, architettura brutalista, simboli comunisti, e fotografie e filmati d’epoca. Questo stile visivo è strettamente legato all’esperienza sonora, creando un’esperienza immersiva e nostalgica. Una sponda di questo sentimento è offerta dalle tante pagine Instagram di architettura brutalista che utilizzano questa musica.

I PPK e l’esplosione della Sovietwave

Tornando in Italia abbiamo potuto apprezzare come la Sovietwave sia molto popolare su piattaforme come YouTube e SoundCloud, dove comunità online condividono musica e contenuti visivi che celebrano o riflettono criticamente sull’era sovietica.

Русский Транс: Формирование – Russian Trance Formation

In questo scenario, un apporto fondamentale e decisivo per la promozione di questa musica sono stati i PPK. Nati nel 1998, la formazione originale della band era composta da:

Il nome infatti deriva dalle prime lettere dei loro cognomi è nato il nome PPK. Pochi giorni dopo la formazione Roman Korzhov abbandona il gruppo che da quel momento diventerà un duo, senza però modifiche supplementari al nome. Da Rostov sul Don, i PPK raggiungono presto il successo internazionale: nel 2001-2002 i PPK pubblicano le loro composizioni più popolari ResuRection e Reload.

Nell’estate del 2002, il gruppo pubblica infatti il secondo album intitolato Russian Trance: Formation che contiene la hit ResuRection. La traccia raggiunge subito alte posizioni nelle classifiche di diversi paesi, inclusi il Regno Unito, l’Australia e diversi paesi europei ed è particolarmente apprezzata nelle classifiche delle dance e della musica elettronica.

È l’album intero però a essere un vero e proprio capolavoro, non soltanto le hit che lo compongono. Dall’intro che riprende in modo molto leggero il tema di ResuRection, fino all’ultima traccia, il coinvolgimento nell’ascolto è immediato e totale: poche sovrapposizioni di linee, melodie semplici e ritmate, atmosfere cupe fanno di Russian Trance Formation un must have, in termini di musica techno.

Il successo e l’eredità di Russian Trance Formation

Il successo è totale e permette ai PPK di conquistare un posto nella musica internazionale e di affermare un genere del tutto nuovo. Grazie a ResuRection – ma non solo – Russian Trance Formation si è preso la scena dance ed elettronica, diventando un punto di riferimento della Sovietwave, ora come adesso.

A conferma di ciò ResuRection ha generato un vastissimo numero di remix e reinterpretazioni da parte di altri artisti nel corso degli anni, mantenendo viva la sua popolarità e influenzando nuove generazioni di produttori di musica elettronica.

Alla fine del biennio, nel 2003 il gruppo si scioglie prima di ricomporsi nel 2010, con anche Korzhov, ripristinando così la formazione originale. La vita dei dj e degli artisti in generale però non è sempre lineare e semplice, e così dopo la prima esibizione in pubblico dalla reunion, il trio si rompe di nuovo.

Immagine ispirata all'album "Russian Trance Formation" dei PPK, con elementi di nostalgia sovietica
Rappresentazione visiva dell’album “Russian Trance Formation” dei PPK, che combina elementi della nostalgia sovietica e la cultura trance elettronica

  1. https://www.themoscowtimes.com/2019/06/24/most-russians-say-soviet-union-took-care-of-ordinary-people-poll-a66125 ↩︎

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